Quando la realtà diventa reale?

Ultimamente mi sono capitate sotto gli occhi queste due immagini: quella in alto è del 31 dicembre scorso a Parigi all’approssimarsi della mezzanotte; quella sotto durante l’esibizione di un artista ne “La Notte della Taranta”. Non ho potuto fare a meno di interrogarmi sul perché abbiamo deciso che il godere a posteriori di un momento riguardandone successivamente le immagini fosse molto più gratificante del viverselo appieno, con tutti i 5 sensi attivati.

Davvero c’è bisogno di ridurre un evento all’interno di una scheda di memoria per renderlo reale? Perché la realtà istantanea di poterlo vivere direttamente, di assaporarne tutti i dettagli perde di significato se non lo si mette in tasca? Perché vedere con gli occhi è meno importante di rivedere attraverso uno schermo? E’ più importante testimoniare la nostra presenza o vivere con intensità quell’esperienza?

La cosa preoccupante dal punto di vista di uno psicologo, ma non solo, è che tutto ci allontana dalla vita reale e ci si abbandona ad una realtà mediata dagli strumenti tecnologici, uno in particolare. Quando si assiste ad un concerto con lo smartphone in mano, la massima concentrazione è sulla qualità della ripresa effettuata: la musica, l’esibizione dell’artista, la compagnia, il contorno del pubblico che spesso è trascinante, non esistono più.

Lo stesso accade nelle feste o in vacanza: se non è sul cellulare è come se non fosse mai avvenuto. Quelle che una volta erano semplici foto ricordo ora sono diventate testimonianza di esistere, è questo è di una pericolosità assoluta. Il reale non è più abbastanza se non è trasposto nella “realtà” di uno smartphone.

Personalmente non sono totalmente immune da questo modo di fare ma lo limito notevolmente: riuscire a godersi le persone vicino senza mediazioni tecnologiche mi rende senz’altro più felice di una storia su IG, così come preferisco assaporare le sensazioni di ciò che vivo o guardo con le mani e i sensi liberi. Ma ogni tanto ci casco anch’io e la cosa non mi fa impazzire.

Come sempre nelle mie riflessioni non amo ergermi a maestrino, mi piace piuttosto “portare a tavola” delle cose che mi colpiscono e lasciare un spunto, spero utile, ad ognuno di voi per farsi delle domande e soprattutto, ringraziarvi per l’attenzione.

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